20/02/2020
Orgoglio e Pregiudizio approda al Teatro Stabile di Napoli
Consensi e meraviglia per la Prima della nota e amata opera di Jane Austen
E’ verità universalmente riconosciuta che uno scapolo largamente provvisto di beni di fortuna debba sentire il bisogno di ammogliarsi”.
Recita così il celeberrimo incipit di Orgoglio e pregiudizio, l’opera più nota e amata di Jane Austen e che apre anche la sua prima trasposizione teatrale italiana (una coproduzione Marche teatro e Teatro stabile di Napoli) in scena al Teatro Mercadante di Napoli dal 19 febbraio al 1 marzo.
Post visione un’altra verità che va decisamente riconosciuta è lo straordinario talento del regista Arturo Cirillo per aver adattato in maniera mirabile il capolavoro austeniano.
Nell’Inghilterra dell’800 il matrimonio era una fondamentale forma di sostentamento economico per le giovani fanciulle, in particolare per coloro che non provenivano da famiglie agiate, come nel caso delle protagoniste di Orgoglio e Pregiudizio: le sorelle Bennet. Oppresse da una madre ansiosa di accasarle (interpretata da una comicissima Alessandra De Santis), le giovani Elizabeth e Jane (interpretate rispettivamente da Valentina Picello e Sara Putignano) dovranno passare attraverso il superamento di orgogli e pregiudizi (appunto) di classe per poter convolare poi a giuste nozze con Darcy e Bigley (Riccardo Buffonini e Giacomo Vigentini).
La pièce teatrale riesce nella difficile, quanto ardua impresa di non vivere di luce riflessa, di non cadere nell’errore di essere mera riproduzione, peraltro impossibile, del testo letterario ma di divenire opera nuova. Il testo teatrale compiuto e autonomo non fa sentire la mancanza dell’opera letteraria a cui si ispira e a cui, comunque, resta fedele nel coglierne lo spirito più profondo. Quello spirito fiero e femminista, quello sguardo ironico e disincantato sui personaggi e sulle convenzioni sociali dell’epoca, proprio della mente acuta e brillante della sua autrice. La rappresentazione della dicotomia profonda tra l’istanza femminista e quella patriarcale, tra l’amore e la convenienza, presente nel testo della Austen, è efficacemente resa dalla scelta del regista Arturo Cirillo di assumere su di se le interpretazioni di due personaggi che sono le due anime della storia: quella in un certo senso più “progressista” di Mr. Bennet, padre apparentemente cinico e sprezzante che, tuttavia, esorta Lizzy, la figlia prediletta, a scegliere la felicità e a opporsi al matrimonio di convenienza, e quella più conservatrice, reazionaria della superba e altezzosa Lady Catherine De Bourgh.
Il testo teatrale perviene a una sua compiutezza grazie ad un lavoro di sottrazione che opera prevalentemente su due fronti: da un lato, sulla riduzione di una trama estremamente complessa (merito dell’adattamento di Antonio Piccolo), privilegiando situazioni e personaggi principali con il vantaggio di approfondirne le psicologie, anche grazie alle sottili sfumature delle espressioni corporee e facciali che la recitazione dei bravi attori riesce a trasmettere; dall’altro su un complessivo progetto scenografico, straordinariamente originale che non mira tanto a una riproduzione reale di oggetti e ambienti ma piuttosto a riprodurre atmosfere e paesaggi, e soprattutto a rendere visibile quell’interiorità di sentimenti e passioni nascoste sotto una rigida formalità, tipica di un’epoca e una società ipocrita. La scenografia è interamente costituita dai grandi specchi mobili che assolvono a più funzioni e forniscono affascinanti suggestioni metaforiche: a seconda della posizione in cui vengono posti dai personaggi in scena, essi sono linee di confine e demarcazione degli spazi diegetici. La variazione del grado di inclinazione degli specchi rende la loro superficie riflettente oppure trasparente come il vetro di una finestra, grazie al lavoro delle luci e asseconda precise esigenze narrative in modo assolutamente geniale: gli specchi moltiplicano i punti di vista, amplificano e al contempo nascondono sentimenti, sono prima simboli della distanza tra gli amanti e poi elementi di unione, nel felice epilogo della formazione definitiva delle giovani coppie che si guardano attraverso di essi, riconoscendosi.
Uno spettacolo, per chi ama il capolavoro della Austen e non solo, assolutamente da non perdere. Un raro esempio di riproduzione di una pietra miliare che non cade mai nella banalità del semplice e spesso misero rifacimento, ma assolve pienamente e al di là di ogni aspettativa (per chi è legato al testo originale), al “compito” di comprensione e trasposizione del senso più profondo dell’opera da cui è tratto e che ha l’ardire e la volontà di rappresentare.
foto di Matteo Delbi ph.
Fonte: Ufficio Comunicazione - Sara Esposito
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